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La Cappella Vela

Data di pubblicazione:

giovedì 29 luglio, 2021

Tempo di lettura:

9 min

Ultimo aggiornamento:

lunedì 18 novembre, 2024

Nel 1850 Giovanni d’Adda , nel desiderio di ricordare la moglie Maria Isimbardi morta l’anno precedente alla tenera età di 22 anni, commissionò all’amico architetto Giuseppe Balzaretto la costruzione di una cappella che non avrebbe ricoperto unicamente una funzione commemorativa, ma sarebbe stata anche destinata alla celebrazione della Mesa.

La presenza di questa cappella-oratorio è infatti segnalata sul lato della strada dall’iscrizione “AVE MARIA” posta sul timpano dell’ingresso “pubblico”.

I lavori giunsero al loro termine nel 1853 con la consegna e installazione delle scultura di Vincenzo Vela.

Questa cappella, ispirata al battistero bramantesco rinascimentale di San Satiro a Milano, ha, come il suo modello, pianta ottagonale e in lei forme, giochi di luce e equilibrio suggeriscono il mistero insondabile della morte e la sua serena accettazione nella fede.

Per questi motivi, Carlo Borromeo Romilli, in visita pastorale ad Arcore nel 1856, definì questo capolavoro di Architettura, scultura e decorazione come elegantissimum sacellum.

Francesco Tedeschi a proposito della struttura architettonica diceva: «Il concetto ispiratore che è all’origine della cappella […], si può identificare nell’intenzione di rappresentare il sentimento del dolore  nel duplice valore, affettivo, rivolto quindi ad un intimo raccoglimento  nella afflizione di chi prosegue a vivere, e religioso, nella comprensione della necessità di rivolgersi a un mondo di valori superiori da cui ricevere non solo consolazione […]. Il monuemnto è un edificio sacro, che risponde ai criteri della cappella privata, pur dovendo, per motivi di culto, essere aperta al pubblico […]. L’altare ne è il naturale fulcro, ma la pianta ottagonale, dando vita ad uno spazio armonico di derivazione rinascimentale e classica, risale a ritroso al modello del tempio votivo: motivi pratici e ideali spiegano la scelta della pianta centrale, rivolta a valorizzare l’ambiente nella sua condizione di interno architettonico vuoto […], senza offrire precedenze a un percorso che conduca all’altare.»

Tre sono le opere di maggior rilievo nella Cappella Vela. Due sono le opere scultoree di Vincenzo Vela: il monumento funebre per Maria Isimbardi e la Madonna addolorata posta sopra all’altare. La terza è invece il bassorilievo incastonato sulla fronte dell’altare raffigurante il Riposo durante la fuga in Egitto opera di Lorenzo Vela, fratello maggiore di Vincenzo, il quale si è anche occupato della decorazione interna della cappella.

 

IL MONUMENTO FUNEBRE PER MARIA ISIMBARDI

Il monumento sepolcrale per Maria Isimbardi rappresenta al meglio la qualità stilistica raggiunta da Vincenzo Vela attorno alla metà del secolo. Intitolata Donna compianta ne’ suoi estremi momenti, la grande opera scultorea realizzata in marmo rappresenta con grande efficacia realistica gli ultimi istanti di vita di Maria.

L’opera trasmette indirettamente anche il dolore del marchese Giovanni d’Adda, rendendone lo spettatore partecipe. Il letto della morente è incorniciato da un complesso scenografico di stampo barocco e la donna è al centro di un complesso scultoreo triangolare con al vertice due angeli che sorreggono il drappo che fa da sfondo alla figura di Maria Isimbardi.

A proposito dell’opera Tedeschi si esprime in questo modo: «La giovane donna giace […] distesa con naturalezza. Il volto appare sereno e rassegnato, più che sofferente; […] il distacco dagli affetti terreni è fornito dalla posizione delle mani, una posata lungo il fianco, col palmo rivolto verso l’alto, quasi rivolta ai suoi cari […]; l’altra stringe delicatamente fra le dita un crocifisso, tramite fra […] l’esistenza terrena e l’aldilà […].»

 

LA MADONNA ADDOLORATA o MATER DOLOROSA

Quest’opera scultorea del Vela è collocata sopra l’altare della cappella.

Mentre nel monumento funebre sopra citato si riconosce chiaramente la tensione dell’autore verso una scultura moderna che prende spunto dalla pittura, la statua della madonna è specchio della tradizione scultorea tipicamente rinascimentale. L’opera si inserisce perfettamente all’interno dello stile rinascimentale della cappella.

La figura è rappresentata seduta e composta, quasi idealizzata. L’attenzione si concentra sul volto della Madonna in atteggiamento mistico che volge gli occhi al cielo. Il volto è giovane e i lineamenti non lasciano trapelare dolore, raffigurato invece simbolicamente dalla corona di spine tenuta in mano dalla Madonna.

La composizione del Vela, grazie ad un senso di tranquillità e compostezza trasmesso dalla figura, sembra alludere al mistero del dolore, ma ancora di più alla volontà «di rispondere alla dimensione privata e meno eclatante del lutto.»

 

RIPOSO DURANTE LA FUGA IN EGITTO

L’immagine del bassorilievo realizzato da Lorenzo Vela per l’altare si collega al tema dei rapporti familiari e a quello della provvisorietà della vita terrena nell’attesa della sua piena realizzazione dopo la morte.

«Questo è forse il momento in cui è trasfusa la dimensione più privata dell’intero monumento, con l’adombramento della famiglia del committente nella Sacra Famiglia, i tre personaggi sono rappresentati immersi in un paesaggio descritto con una finissima sensibilità atmosferica e naturalistica, tesa a rendere con trapassi impercettibili un paesaggio naturale [..]. Qui il riferimento quattrocentesco allo stiacciato diventa lo strumento di un’indagine naturalistica e una sfida alla capacità della scultura di riprodurre la brulicante realtà naturale nello spessore sottile del rilievo, perdendo completamente quella dimensione di recupero storicista a freddo che caratterizza invece l’apparato decorativo.»

 

LA DECORAZIONE

Lorenzo Vela si occupa anche della decorazione interna della cappella.

Vi è un complesso apparato di decorazioni e fregi realizzati con stucchi e bronzi che contrappongono fondamentalmente due temi: la passione salvifica di Cristo e l’idea del male, l’Inferno.

Si può notare in molte delle decorazioni di Lorenzo una «ricchezza di motivi che dimostrano la sua abilità inventiva e la cura nella ricerca su soggetti ornamentali non privi di significato».

Nel fregio del cornicione che separa i due livelli della cappella si possono osservare otto teste bronzee, una per lato dell’ottagono. Secondo gli studi di Francesco Tedeschi si possono identificare i quattro volti femminili come le tre Marie e la Veronica (altri vi riconoscono invece le tre Marie e la Madonna), mentre i volti maschili sono riconducibili a Cristo, i due San Giovanni e San Carlo (altri propongono invece Dio Padre, San Carlo, San Giovanni Battista e Cristo).

Figura di spicco tra le transenne bronzee del matroneo è l’angelo che abbraccia un’anima con le ali da farfalla a simboleggiare lo spirito della defunta accolta in cielo.

 

GLI AUTORI

 

VINCENZO VELA

Nato a Ligornetto nel 1820 da una famiglia di contadini venne avviato alla professione di scalpellino a 9 anni e lavorò nelle cave di Besazio e Viggiù.

In seguito si trasferì dal fratello Lorenzo a Milano, dove studiò presso l’Accademia di Belle Arti di Brera. Intanto lavorava nella corporazione dei marmisti del Duomo di Milano. Si perfezionò con Benedetto Cacciatori e con il pittore Luigi Sabatelli, subendo le influenze delle ricerche di Lorenzo Bartolini e della pittura di Francesco Hayez.

Dopo aver ottenuto i primi riconoscimenti a Milano gli venne commissionata la realizzazione di due opere scultoree per la cappella dei d’Adda ad Arcore.

Nel 1852 si rifugiò a Torino costretto a fuggire da Milano a causa della sua partecipazione ai moti antiaustriaci e lì rimase fino al 1867; in questo periodo gli vengono commissionati numerosi monumenti funebri e opere pubbliche, tra le quali ricordiamo il monumento a Gaetano Donizetti nel Duomo di Bergamo, il monumento a Daniele Manin a Torino e quello a Vittorio Alfieri ad Asti.

Grande fama derivò allo scultore grazie alla presentazione del Napoleone Morente all’Esposizione Internazionale di Parigi nel 1867. L’opera è conservata nel castello di Versailles e raffigura l’imperatore malato e sfinito, disilluso, con l’accettazione del suo destino ormai compiuto.

Nel 1867 da Torino torna nella sua Ligornetto per trascorrere gli ultimi anni della sua vita.

Per l’apertura del Gottardo nel 1882, realizzò l’altorilievo Le vittime del lavoro, considerata il manifesto del realismo sociale.

Vincenzo Vela spirò nel 1891 a Mendrisio nella casa che sarà lasciata in eredità dal figlio Spartaco Vela alla Confederazione Svizzera. Questa villa oggi è il Museo Vincenzo Vela e rappresenta una delle maggiori case-museo del XIX secolo. Nella gipsoteca trovano ricovero documenti e gessi di Vincenzo Vela, del fratello Lorenzo Vela e anche del figlio Spartaco Vela, che fu pittore.

 

LORENZO VELA

Fratello maggiore di Vincenzo, Lorenzo iniziò la sua carriera come tagliapietre nelle cave di Besazio e Viggiù. Divenne poi scalpellino e, trasferitosi a Milano, si specializzò presso la Scuola di Ornato dell’Accademia di Brera; nella quale insegnò “plastica ornamentale” dal 1860.

Lorenzo, considerato figura minore rispetto al fratello, fu un abilissimo decoratore di interni con una vera passione per i temi e i soggetti animalistici.

Di Lorenzo Vela sono le decorazioni del Palazzo Poldi Pezzoli, della Ca’ de Sass e di numerose altre residenze nobili.

Il legame tra la famiglia d’Adda e i Vela è dimostrato oltre che dai fitti carteggi e dalle molte commissioni anche dal fatto che lo studio di Lorenzo Vela in via dell’Annunciata 7 era di proprietà dei d’Adda.

 

GIUSEPPE BALZARETTO

Nato a Milano nel 1801, studiò a Pavia Matematica e si specializzò con l’ingegner G. F. Perego. A Balzaretto si devono, tra gli altri, i giardini di Porta Venezia, la Cassa di Risparmio e il Palazzo Poldi Pezzoli.

Divenne molto famoso per l’arte dei giardini. Il suo primo incarico prestigioso fu la sistemazione del Parco di Villa Borromeo d’Adda ad Arcore.

Per la famiglia d’Adda si occupò anche dei lavori di trasformazione della villa “La Montagnola”, progettò la Cappella Vela, il palazzo di via dell’Annunciata a Milano e restaurò l’appartamento di Carlo d’Adda di via Manzoni.

 

Bibliografia:

I fratelli Vela e la committenza d’Adda, a cura di Gianna A. Mina, 2014 Museo Vincenzo Vela

Vincenzo Vela ad Arcore, F. Porzio e F. Tedeschi, 1991 Comune di Arcore

La Vila Borromeo D’Adda di Arcore, a cura di D. F. Ronzoni, 2009 Bellavite editore

 

F. Porzio, F. Tedeschi – Vincenzo Vela ad Arcore – 2005

F.Porzio F.Tedeschi, Vincenzo Vela ad Arcore, 1991 Comune di Arcore

 

Ulteriori informazioni

Ultimo aggiornamento

18/11/2024