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La Cappella Vela

Data di pubblicazione:

giovedì 29 luglio, 2021

Tempo di lettura:

8 min

Ultimo aggiornamento:

martedì 31 agosto, 2021

 

Nel 1849 Giovanni d’Adda , nel desiderio di ricordare la moglie Maria Isimbardi morta l’anno precedente alla tenera età di 22 anni, commissionò all’amico architetto Giuseppe Balzaretto la costruzione di una cappella commemorativa.

Nell’idea di Giovanni d’Adda la cappella non avrebbe ricoperto unicamente una funzione commemorativa, sarebbe infatti stata destinata anche alla celebrazione della messa.

La presenza di questa cappella-oratorio è infatti segnalata sul lato della strada dall’iscrizione “AVE MARIA” posta sul timpano dell’ingresso “pubblico”.

I lavori giunsero al loro termine nel 1853 con la consegna e installazione delle scultura di Vincenzo Vela .

 

Questa cappella, ispirata al battistero bramantesco rinascimentale di San Satiro a Milano, ha, come il suo modello, pianta ottagonale e in lei forme, giochi di luce e equilibrio suggeriscono il mistero insondabile della morte e la sua serena accettazione nella fede.

Per questi motivi, Carlo Borromeo Romili, in visita pastorale ad Arcore nel 1856, definì questo capolavoro di Architettura, scultura e decorazione come elegantissimum sacellum.

Francesco Tedeschi a proposito della struttura architettonica diceva: «Il concetto ispiratore che è all’origine della cappella[…], si può identificare nell’intenzione di rappresentare il sentimento del dolore  nel duplice valore, affettivo, rivolto quindi ad un intimo raccoglimento  nella afflizione di chi prosegue a vivere, e religioso, nella comprensione della necessità di rivolgersi a un mondo di valori superiori da cui ricevere non solo consolazione[…]. Il monuemnto è un edificio sacro, che risponde ai criteri della cappella privata, pur dovendo, per motivi di culto, essere aperta al pubblico[…]. L’altare ne è il naturale fulcro, ma la pianta ottagonale, dando vita ad uno spazio armonico di derivazione rinascimentale e classica, risale a ritroso al modello del tempio votivo: motivi pratici e ideali spiegano la scelta della pianta centrale, rivolta a valorizzare l’ambiente nella sua condizione di interno architettonico vuoto[…], senza offrire precedenze a un percorso che conduca all’altare.»

Tre sono le opere di maggior rilievo nella Cappella Vela. Due sono le opere scultoree di Vincenzo Vela: il monumento funebre per Maria Isimbardi e la Madonna addolorata posta sopra all’altare.

La terza è invece il bassorilievo di Lorenzo Vela, fratello maggiore di Vincenzo, il quale si è anche occupato della decorazione interna della cappella.

 

IL MONUMENTO FUNEBRE PER MARIA ISIMBARDI

 

Il monumento sepolcrale per Maria Isimbardi rappresenta al meglio la qualità stilistica raggiunta da Vincenzo Vela attorno alla metà del secolo. Intitolata inizialmente Donna compianta ne’ suoi estremi momenti, la grande opera scultorea realizzata in marmo rappresenta con grande efficacia realistica i momenti estremi che precedono la morte della donna.

Insieme agli ultimi istanti di vita della moglie l’opera trasmette indirettamente anche lo strazio del marchese Giovanni d’Adda, rendendone lo spettatore partecipe. Il letto della morente è incorniciato da un complesso scenografico di stampo barocco e la donna è al centro di un complesso scultoreo triangolare con al vertice due angeli che sorreggono i tendaggi che fanno da sfondo alla figura drammatica.

 

A proposito dell’opera Tedeschi si esprime in questo modo: «La giovane donna giace […] distesa con naturalezza. Il volto appare sereno e rassegnato, più che sofferente; […] il distacco dagli affetti terreni è fornito dalla posizione delle mani, una posata lungo il fianco, col palmo rivolto verso l’alto, quasi rivolta ai suoi cari […]; l’altra stringe delicatamente fra le dita un crocifisso, tramite fra […] l’esistenza terrena e l’aldilà […].»

 

LA MADONNA ADDOLORATA o MATER DOLOROSA

 

Quest’opera scultorea del Vela è collocata sopra l’altare della cappella.

Mentre nel monumento funebre sopra citato si riconosce chiaramente la tensione dell’autore verso una scultura moderna che prende spunto dalla pittura, la statua della madonna è specchio della tradizione scultorea tipicamente rinascimentale. L’opera si inserisce perfettamente all’interno dello stile rinascimentale della cappella.

La figura è rappresentata seduta e tutto è composto, quasi idealizzato. L’attenzione si concentra sul volto della madonna, che, in atteggiamento mistico, volge gli occhi al cielo. Il volto della donna è giovane e i lineamenti non trapelano dolore, che invece viene rappresentato dall’autore sotto forma di corona di spine tenuta in mano dalla madonna.

La composizione del Vela, grazie ad un senso di tranquillità e compostezza trasmesso dalla figura, sembra alludere al mistero del dolore, ma ancora di più alla volontà «di rispondere alla dimensione privata e meno eclatante del lutto.»

 

RIPOSO DURANTE LA FUGA IN EGITTO

 

L’immagine del bassorilievo realizzato da Lorenzo Vela per l’altare si collega al tema dei rapporti famigliari e a quello della provvisorietà della vita terrena nell’attesa della sua piena realizzazione dopo la morte.

«Questo è forse il momento in cui è trasfusa la dimensione più privata dell’intero monumento, con l’adombramento della famiglia del committente nella Sacra Famiglia, i tre personaggi sono rappresentati immersi in un paesaggio descritto con una finissima sensibilità atmosferica e naturalistica, tesa a rendere con trapassi impercettibili un paesaggio naturale [..]. Qui il riferimento quattrocentesco allo stiacciato diventa lo strumento di un’indagine naturalistica e una sfida alla capacità della scultura di riprodurre la brulicante realtà naturale nello spessore sottile del rilievo, perdendo completamente quella dimensione di recupero storicista a freddo che caratterizza invece l’apparato decorativo.»

 

LA DECORAZIONE

 

Lorenzo Vela si occupa anche della decorazione interna della cappella.

Vi è un complesso apparato di decorazioni e fregi realizzati con stucchi e bronzi che contrappongono fondamentalmente due temi: la passione salvifica di Cristo e l’idea del male, l’Inferno.

Si può notare in molte delle decorazioni la predilezione del maggiore dei Vela per i motivi Animalistici.

Nel fregio del cornicione che separa i due livelli principali della cappella si possono osservare otto teste bronzee, una per lato dell’ottagono. Secondo gli studi di Francesco Tedeschi si possono identificare i quattro volti femminili come le tre Marie e la Veronica (altri vi riconoscono invece le tre Marie e la Madonna), mentre i volti maschili sono riconducibili a Cristo, i due San Giovanni e San Carlo (altri propongono invece Dio Padre, San Carlo, San Giovanni Battista e Cristo).

Figura di spicco tra le transenne del matroneo è l’angelo che abbraccia un’anima a simboleggiare l’accesso dello spirito della defunta in cielo.

 

GLI AUTORI

VINCENZO VELA

 

Nato a Ligornetto nel 1820 da una famiglia di contadini venne avviato alla professione di scalpellino a 9 anni e lavorò nelle cave di Besazio e Viggiù.

In seguito si trasferì dal fratello Lorenzo a Milano, dove studiò presso l’Accademia di Belle Arti di Brera. Intanto lavorava nella corporazione dei marmisti del Duomo di Milano. Si perfezionò con Benedetto Cacciatori e con Luigi Sabatelli (pittore), venendo influenzato dalle ricerche di Lorenzo Bartolini e dalla pittura di Francesco Hayez.

Dopo aver ottenuto i primi riconoscimenti a Milano gli venne commissionata la realizzazione di due opere scultoree per la cappella dei d’Adda ad Arcore.

Nel 1852 si rifugiò a Torino costretto a fuggire da Milano a causa della sua partecipazione ai moti antiaustriaci, e lì rimase fino al 1867; in questo periodo gli vengono commissionate numerosi monumenti funebri e opere pubbliche, tra le quali ricordiamo il monumento a Gaetano Donizetti a Bergamo, il monumento a Daniele Manin a Torino e quello a Vittorio Alfieri ad Asti.

Grande fama derivò allo scultore grazie alla presentazione del Napoleone Morente all’Esposizione Internazionale di Parigi nel 1867.

L’opera è conservata nel castello di Versailles e appare piuttosto come un uomo malato e sfinito, disilluso, con dipinta sul volto l’accettazione del suo destino ormai compiuto.

Nel 1867 da Torino torna nella sua Ligornetto per trascorrere gli ultimi anni della sua vita.

Per l’aperura del Gottardo nel 1882, realizzò l’alltorilievo Le vittime del lavoro, considerata il manifesto del realismo sociale, conservata alla Galleria Nazionale di Arte Moderna a Roma.

Vincenzo Vela spirò nel 1891 a Mendrisio nella casa che sarà lasciata in eredità dal figlio Spartaco Vela alla Confederazione Svizzera. Questa villa oggi è il Museo Vincenzo Vela e rappresenta una delle maggiori case-museo del XIX secolo. Nelle sue stanze trovano ricovero molte opere e lavori preparatori di Vincenzo Vela, del fratello Lorenzo Vela e anche del figlio Spartaco Vela, che fu pittore.

LORENZO VELA

 

Fratello maggiore di Vincenzo, Lorenzo iniziò la sua carriera come tagliapietre nelle cave di Besaio e Viggiù. Divenne poi scalpellino e, trasferitosi a Milano, si specializzò presso la scuola di ornamenti dell’Accademia di Brera; nella quale insegnò “plastica ornamentale” dal 1860.

Lorenzo, considerato figura minore rispetto al fratello, fu un abilissimo decoratore di interni con una vera passione per i temi e i soggetti animalistici.

Di Lorenzo Vela sono le decorazioni del Palazzo Poldi Pezzoli e della Ca’ de Sass.

Il legame tra la famiglia d’Adda e i Vela è dimostrato oltre che dai fitti carteggi e dalle molte commissioni anche dal fatto che lo studio di Lorenzo Vela in via dell’annunciata 7 era di proprietà dei d’Adda.

 

GIUSEPPE BALZARETTO

 

Nato a Milano nel 1801, studiò a Pavia Matematica e si specializzò con l’ingegner G. F. Perego. A Balzaretto si devono i giardini di Porta Venezia, la Cassa di Risparmio e il Palazzo Poldi Pezzoli.

Divenne molto famoso per l’arte dei giardini. Infatti il suo primo incarico prestigioso fu la sistemazione del Parco di Villa Borromeo d’Adda ad Arcore.

Per la famiglia d’Adda inoltre si occupò dei lavori di trasformazione della villa “La Montagnola”, progettò la Cappella Vela, il palazzo di via dell’Annunciata a Milano e sistemò l’appartamento di Carlo d’Adda di via Manzoni.

 

 

F.Porzio F.Tedeschi, Vincenzo Vela ad Arcore, 1991 Comune di Arcore

 

Ulteriori informazioni

Ultimo aggiornamento

31/08/2021