Per secoli la famiglia d’Adda, rinomata dinastia di mercanti e banchieri, ha legato il suo nome alla città di Arcore.
I d’Adda, infatti, sono stati “potenti in Brianza, prima che scendessero a piantar tende in Milano”. Solo alla fine del periodo sforzesco, nella prima metà del Cinquecento, i nipoti del capostipite Pagano I, forti delle ricchezze derivanti dai commerci, hanno iniziato a concretizzare le loro mire economiche e sociali diventando una delle principali famiglie in grado di concedere prestiti al ducato milanese.
Pagano II e il cugino Giovanni Agostino sono stati i primi ad approfittare delle vaste risorse economiche dei d’Adda per acquistare terre e feudi che successivamente avrebbero garantito il riconoscimento formale dello status nobiliare a cui la casata ambiva. L’acquisizione di terre, infatti, ha permesso a due linee familiari di nobilitarsi.
Costanzo II è il primo Conte di Sale (1549) e Giovanni Ambrogio d’Adda è il primo Marchese di Pandino (1615).
La progressiva riduzione degli impegni nel settore mercantile e in quello bancario ha permesso alla famiglia d’Adda di dedicarsi pressoché esclusivamente all’amministrazione dei loro patrimoni fondiari. In questo periodo, infatti, i nobili riscoprono le campagne anche come luoghi di residenza stagionale dove curare gli interessi e ricevere ospiti nei mesi più caldi, apprezzando l’aria della Brianza, più salubre di quella cittadina di Milano.
Costanzo II, noto soprattutto per le migliorie apportate al palazzo di famiglia di Settimo Milanese, lasciò tutti i suoi beni, compresi i possedimenti arcoresi, al figlio naturale Francesco II, legittimato dal padre in punto di morte (1575).
Si suppone che sia stato proprio Francesco II a far costruire in Arcore il corpo originale della Villa bassa, attuale sede degli uffici comunali. Il catasto del 1558 non rilevava ancora alcun edificio, mentre compare per la prima volta una villa con giardino edificata sui terreni di proprietà dei d’Adda tra la fine del 1500 e l’inizio del 1600.
A seguito di diversi passaggi di proprietà, all’inizio del XVIII secolo, la Villa venne ereditata da Costanzo IV d’Adda, quinto Conte di Sale. Costanzo IV, erudito e dedito all’arte, è stato un personaggio di spicco della società milanese dell’epoca, membro dei Sessanta Decurioni (che costituivano il Consiglio generale della Città di Milano) fino alla morte nel 1749.
Dei numerosi figli di Costanzo IV, Francesco IV d’Adda ereditò l’intero patrimonio essendo il maggiore fra i sopravvissuti al padre mentre il fratello Ferdinando intraprendeva la carriera ecclesiastica diventando abate e il fratello Lorenzo quella militare, morendo però a soli trent’anni.
Con la morte di Francesco IV nel 1779, le proprietà arcoresi confluirono all’abate Ferdinando d’Adda e in misura minore al cugino Febo, marchese di Pandino.
All’abate si deve la costruzione dell’attuale Villa Borromeo d’Adda, nella seconda metà degli anni Cinquanta del ‘700, nota con l’appellativo di “Montagnola” così denominata perché costruita sulla sommità della collina.
Abate Ferdinando d’Adda
L’abate Ferdinando, nel suo testamento redatto nell’aprile 1808, stabilì che gran parte delle sue ricchezze venissero destinate a sostegno dei poveri che vivevano nei comuni dove l’abate aveva proprietà. Fondò quindi la Causa Pia d’Adda, ente benefico che offriva assistenza sanitaria agli ammalati, prestava soccorso a vedove e orfani e contribuiva all’istruzione e alla fornitura di una dote per le fanciulle nubili.
Il 24 agosto 1808, alla sua morte, l’abate Ferdinando, concesse al cugino Febo marchese di Pandino, esecutore testamentario, di acquistare i suoi beni arcoresi compresa la Montagnola e destinare poi il ricavato alla Causa Pia d’Adda.
Febo III d’Adda – VI Marchese di Pandino
Febo III d’Adda ricoprì svariate cariche pubbliche sia sotto il dominio francese che in quello austriaco, diventando patrono della Causa Pia d’Adda e riunendo le proprietà arcoresi dei d’Adda. È stato anche discepolo e amico del Parini, che gli ha dedicato la bellissima ode Alla Musa.
Alla morte di Febo nel 1836, le sue proprietà passarono al figlio secondogenito Giovanni d’Adda, padre di Emanuele, ultimo marchese di Pandino nato dal matrimonio con Maria Isimbardi. Giovanni d’Adda incaricò l’architetto Balzaretto per i lavori di restauro e valorizzazione della villa con l’ampliamento del parco. Per la prematura morte della moglie, nel 1849, gli affidò la costruzione della Cappella funebre abbellita dalle opere dei fratelli Vela.
Nel 1859 alla morte di Giovanni, l’unico figlio Emanuele d’Adda ereditò tutta la proprietà e visse nella Montagnola con la consorte Beatrice Trotti Bentivoglio. Egli incaricò l’architetto Emilio Alemagna per la costruzione delle scuderie con tecniche d’avanguardia per l’epoca. Il cortile interno offre una luminosità unica nel suo genere con una superficie di circa 1120 mq e supera i 10 metri di altezza al colmo. A Giovanni ed Emanuele si deve l’attuale aspetto della Villa e del parco.
Emanuele d’Adda – VIII Marchese di Pandino
Emanuele ha ricoperto la carica sia di Deputato che di Senatore con nomina da parte di Giolitti. Insieme alla moglie Beatrice Trotti Bentivoglio era attento alle cause sociali. promuovendo progetti di opere edilizie, alloggi popolari, migliorie nelle corti e nelle cascine contribuendo alla Causa Pia d’Adda. Frequentavano l’aristocrazia e venivano invitati dalla regina Margherita e dal re Umberto I nella Villa Reale di Monza.
Emanuele d’Adda morì nel 1911 senza eredi e lasciò i possedimenti di Arcore a Febo Borromeo, figlio di sua cugina Costanza d’Adda, sposata con Carlo Borromeo Arese, che affiancò il cognome d’Adda al proprio.
Da allora la Villa Borromeo d’Adda e il Parco passarono da un erede all’altro attraversando uno stato di progressivo abbandono.
Nel 1980 la proprietà venne acquistata dal Comune di Arcore che attuò opere di restauro nelle scuderie nel 2007 e della Villa Montagnola nel 2016.
Bibliografia
Felice Calvi, Storia e genealogia della famiglia d’Adda, rist. anast. Bologna, s.d.
Silvio Leydi, La famiglia d’Adda di Sale. Storia e arte tra XVI e XVIII secolo, Milano 2008.
Mario Rosa, I marchesi D’Adda e la villa di Arcore, 1940.